Allenarsi ed alimentarsi in altura - a cura del dr. Francesco Fagnani

24/07/2015
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Diverse sono ormai le esperienze che ho vissuto in quota assistendo dal punto di vista nutrizionale molti atleti professionisti. Da Albuquerque, a Terminillo, passando per Livigno e Sestriere o Roccaraso, le esigenze nutrizionali e le possibili problematiche rimangono pressoché invariate, le riassumo in 7 punti che descrivo di seguito. 
Come ogni anno, nel periodo estivo sono molti gli atleti professionisti e amatori che si recano in altura per effettuare dei blocchi di allenamento importanti grazie ai quali gettare le basi per una buona preparazione in vista della stagione o con per preparare una gara importante dopo lo stage di allenamento in quota.

1. PERDITA DI PESO
Per alture superiori i 5000 m diviene inevitabile perdere peso, soprattutto a carico della FFM (massa magra). Tuttavia, per le comuni altitudini a cui i nostri atleti sono soliti allenarsi (1600 m – 2400 m s.l.m.) la perdita di peso può essere ridotta e completamente azzerata con una dieta ben strutturata basata sui principi del NUTRIENT TIMING. Prima di tutto diviene indispensabile colmare eventuali carenze nutrizionali e apportare il giusto intake calorico, tenendo conto della quota e seguire l’atleta affinché mantenga sempre una corretta nutrizione (ad esempio, sostenendo il turnover proteico e fornendo il nutriente giusto al momento più opportuno tenendo conto del carico e dell’intensità del lavoro svolto). Infatti, la spesa energetica in quota aumenta sensibilmente e tale incremento è in gran parte attribuito a un aumento sostanziale, ma transitorio, del metabolismo basale (BMR). Scopo della Nutrizione applicata allo sport è quello di azzerare, se possibile, la perdita di massa magra, favorendo un miglioramento della composizione corporea in vista della competizione a cui generalmente gli atleti prendono parte al termine della permanenza in altura.

2. MONITORARE LA COMPOSIZIONE CORPOREA DURANTE LA PERMANENZA IN QUOTA
È indispensabile controllare la composizione corporea per verificare che l’eventuale perdita di peso sia imputabile esclusivamente al tessuto adiposo. Possiamo affermare che attualmente la migliore metodica in termini di affidabilità, accuratezza e attuabilità logistica rimane senza ombra di dubbio la metodica BIA (bioimpedenziomentria).

3. FABBISOGNO PROTEICO
Da un’approfondita meta-analisi, è stato evidenziato che assunzioni proteiche di 1,05-1,20 g/ kg sono associate a un minore mantenimento della massa magra rispetto ad assunzioni > 1,2 g / kg. È stato dimostrato che raggiungere una quota proteica pari a 1,6 g ​​/ kg al giorno è necessario per sostenere il mantenimento della FFM durante un periodo di bilancio energetico negativo dato dall’allenamento e dai fattori di cui abbiamo discusso nei precedenti paragrafi. Ovviamente, l’intake proteico non deve essere eccessivo, ma in quota potrebbe esserci la necessità di aumentarlo per preservare la massa magra, sempre modulando gli altri macronutrienti così da apportare il giusto rifornimento di substrati plastici ed energetici e un intake calorico adeguato.

4. QUANTE CALORIE?
L’intake calorico deve essere naturalmente calibrato sull’atleta, in base al suo stato fisiologico (eventuale presenza di deficit nutrizionali prima dello stage in altura, condizioni patologiche che possono intervenire durante la permanenza ecc.), in base alla disciplina praticata, alla valutazione della composizione corporea (impostando se necessario un piano alimentare mirato al miglioramento del rapporto peso/potenza), alle condizioni ambientali (temperatura, irraggiamento, umidità). È anche necessario modificare l’apporto di calorie giorno dopo giorno, in base al carico di lavoro sostenuto e alla tipologia di allenamento, tenendo conto anche dei vari sistemi energetici impiegati.

5. BILANCIO IDRICO E INTEGRAZIONE IDROSALINA
Durante gli allenamenti in altura è necessario avere un occhio di riguardo alla nostra idratazione, perché in queste particolari condizioni ove c'è vento, i raggi solari sono ravvicinati e per una maggior eliminazione di acqua attraverso la respirazione i rischi di disidratazione sono maggiori. C’è da aggiungere, inoltre, che in quota l'assorbimento intestinale di acqua ed elettroliti sembra ridursi sotto sforzo. La perdita di acqua può aumentare sia per l'aumentata diuresi che si osserva durante una prima fase di acclimatazione, sia per l'aumento della ventilazione polmonare in ambiente secco e freddo (fino a 2 litri/ora in situazioni estreme). Spesso gli atleti per raggiungere i loro luoghi di allenamento in altura, sono abituati a viaggiare per molte ore in aereo. La raccomandazione è quella di bere durante voli di lunga durata. Ricordiamoci che la disidratazione, assieme all'esaurimento delle scorte di glicogeno, è la principale responsabile dell’insorgenza della sensazione di fatica! I rischi della disidratazione sono diversi: affaticamento e sfinimento precoci, trombosi e tromboembolia, calcolosi renale (spesso causata dall’assunzione esagerata di bevande ad elevata osmolaritá, nella convinzione errata, di reintegrare i sali persi).

6. PASTO DI RECUPERO
È indispensabile alimentarsi correttamente per innescare sin da subito, terminato l’allenamento, i processi di recupero muscolare e di ripristino delle scorte glicidiche (glicogeno muscolare ed epatico). Diviene opportuno consumare al termine di ogni sessione di allenamento carboidrati ad alto indice glicemico e proteine (ovviamente differenziando il pasto di recupero a seconda della disciplina e delle caratteristiche dell’atleta). Questo pasto consumato subito dopo la sessione di allenamento può essere sicuramente completato con un prodotto completo formulato per il RECUPERO, che preveda l’apporto di glucidi, aminoacidi, vitamine e sali minerali.

7. INTEGRAZIONE CON FERRO
Un altro aspetto tipico dell'esposizione cronica all'alta quota è l'aumento della capacità di trasporto dell'ossigeno da parte del sangue. Due fattori sono alla base di questo adattamento funzionale: la riduzione della massa plasmatica e l’aumento delle sintesi di globuli rossi e quindi anche di emoglobina. Nei primi giorni di esposizione all'alta quota si verifica una variazione nella distribuzione dell'acqua tra i compartimenti liquidi dell'organismo. Infatti, si ha un passaggio di acqua dal compartimento plasmatico a quello interstiziale e a quello intracellulare: questo causa un aumento dell'ematocrito. Ad esempio, dopo una settimana a 2300 m si verifica una riduzione dell'8% della massa plasmatica, l'ematocrito aumenta del 4% e la concentrazione dell'emoglobina del 10%. La riduzione del volume plasmatico e l'aumento della concentrazione dell'emoglobina comportano un aumento della capacità di trasporto dell'ossigeno da parte del sangue. Durante il processo di acclimatazione si verifica in genere un aumento della diuresi che comporta una riduzione del volume di acqua corporea. L' ipossia stimola una sintesi di globuli rossi da parte del midollo osseo che porta a policitemia (aumento globuli rossi). 
La risposta all’ ipossia è mediata dall'ormone eritropoietina prodotto a livello renale entro 15 h dall'esposizione allo stimolo ipossico. Nelle successive settimane il midollo osseo aumenta la produzione di globuli rossi e questa condizione si mantiene sinché il soggetto rimane in alta quota. Sicuramente valutare le condizioni dell’atleta e impostare un’integrazione con un prodotto ben formulato e completo che apporti FERRO, ACIDO FOLICO, VITAMINA C e VITAMINA B12, può senza ombra di dubbio massimizzare il risultato degli adattamenti all’altura.


CONCLUSIONI
Durante gli stage di allenamento in altura risulta essere di notevole importanza monitorare le abitudini alimentari degli atleti, correggendo eventuali carenze. Ideale sarebbe impostare un regime alimentare personalizzato per ciascun atleta, corredato da un’opportuna integrazione, al fine di ottenere un miglioramento della composizione corporea, con una perdita di peso a carico esclusivamente della massa grassa, preservando il tono muscolare. Ai fini della performance si otterrà un notevole vantaggio, poiché con una corretta nutrizione e integrazione si riuscirà a massimizzare lo stimolo allenante, favorendo soprattutto i tempi di recupero tra una sessione di allenamento e l’altra. Inoltre, ottenendo una moderata perdita di peso a carico della massa grassa (auspicabile nell’atleta di élite), oltre ai benefici organici e metabolici apportati dalla permanenza in altura e allo stimolo allenante, si riuscirà a ridurre il costo energetico dell'esercizio attraverso un vantaggioso rapporto Peso/POTENZA (kg/WATT).


Supportare gli atleti durante questi periodi di allenamento finalizzati ad una specifica competizione, risulta essere un approccio vincente per raggiungere ottimi risultati.

A cura del Dott. Francesco Fagnani

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