Lo scialpinista comune (colui che prende parte a gare classiche della durata che varia dalle 2 h 30’ alle 5 h) è simile ad un fondista dell’atletica leggera. La sua qualità principale, come tale, dovrebbe essere la resistenza, dal momento che l’80-85% della frequenza cardiaca che viene stimolata durante una gara è al di sotto della soglia anaerobica.
Tuttavia, sono molte le fasi in gara in cui viene utilizzata la frequenza cardiaca massima o sub massimale. Nella prima fase dello start, dove è necessario guadagnare terreno in vista di imbottigliamenti sulla traccia, è necessaria una partenza veloce, ma anche durante la gara, nei momenti in cui per seminare gli avversari o per stare al loro passo, capita di effettuare variazioni cardiache che vanno ben oltre la soglia. Inoltre, alcune gare terminano allo sprint, quindi avere una buona velocità può far la differenza tra salire sul podio o vederlo solo dalle prime file della platea!
Negli ultimi tempi, le qualità di forza in questo sport sono sempre più allenate, in considerazione anche delle fasi di discesa che spesso sono determinanti per ottenere un buon risultato. Questa evoluzione dello scialpinismo deve far riflettere sia gli allenatori sia gli atleti. Ha senso allenarsi per un anno intero per migliorare di un paio di minuti in una salita di 1000 m di dislivello, per poi perdere tutto ciò che si ha guadagnato a causa di qualche caduta in discesa che ne fa perdere cinque?