Cari atleti, riprendiamo la nostra rubrica parlando di ansia pre-gara.
Sicuramente tutti voi saprete bene di cosa sto parlando, chiunque gareggi a livello agonistico o anche solo per ‘battere il collega’ in una gara amatoriale avrà provato, almeno qualche volta, quello stato di attivazione psicofisica in cui il corpo e la mente si preparano per performare al massimo delle loro possibilità.
Per “attivazione” si intende una condizione di energia e di prontezza generalizzata, che ci rende capaci di percepire, analizzare e rispondere efficacemente agli stimoli esterni o interni.
Quando, però, questo stato di attivazione raggiunge intensità esagerate, le risposte psicofisiche non saranno più favorenti la massima prestazione, ma diventeranno ostacolanti. Attivazione e ansia sono le due facce di una stessa medaglia, i due poli opposti di un ipotetico continuum.
Ma che cosa è l’ansia?
Stando ad una definizione stretta essa è una risposta psichica a un agente esterno, definito “stressor”.
Essa ha due differenti correlati: quello psicosomatico, ovvero attivazione del Sistema Nervoso Autonomo e corticale (ne sono esempi l’aumento del battito cardiaco, l’aumento della sudorazione e della frequenza respiratoria, ecc.) e quello cognitivo, costituito da tutte quelle forme di pensiero che accompagnano l’attivazione fisiologica e che ostacolano la prestazione (paura di perdere, senso di inadeguatezza, timore della platea ecc.).
Nell’ambito della psicologia dello sport sono stati fatti numerosi studi per capire quale fosse il livello di attivazione che permettesse di performare al massimo. I due modelli più celebri sono sicuramente il ‘modello a U capovolta’, secondo cui c’è una zona di energia ottimale in cui si performa al meglio, mentre sia sopra sia sotto a questo range la performance sarà inferiore. Tuttavia, il problema di questo modello è capire quale sia il livello ottimale per ciascuno di noi. Il secondo modello, chiamato ‘reversal theory’ si basa sul presupposto che non è importante il livello oggettivo di attivazione, ma come esso viene percepito dal singolo individuo. In altre parole, secondo questo modello uno stesso livello di forte attivazione può essere letto da alcuni come ansia, mentre da altri come eccitazione e al contrario, un basso livello di attivazione può essere letto da qualcuno come noia e da qualcun altro come rilassamento.
Come gestire l’ansia?
Beh, innanzitutto è sicuramente importante saperla riconoscere e poi utilizzare varie tecniche, dalla respirazione al rilassamento muscolare progressivo, dal training autogeno allo stretching, all’utilizzo delle apparecchiature di biofeedback.
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